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Chi sono i Padroni dei Social e delle Elezioni Americane?

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Il 3 novembre 2020 si andrà a votare per eleggere il nuovo Presidente degli Stati Uniti.
L’uomo più potente del mondo.

In lizza ci sono sei democratici e un repubblicano:
l’ex vice presidente di Obama Joe Biden
il multimiliardario ed ex sindaco di New York Michael Bloomberg
il sindaco di South Bend, in Indiana, Pete Buttigieg
la senatrice del Minnesota Amy Klobuchar
il senatore del Vermont Bernie Sanders
la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren
l’attuale Presidente Donald Trump

Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, Whatsapp hanno dimostrato di essere uno strumento utilissimo, se non fondamentale, per arrivare alla vittoria.
Ciascuno di loro affida molte delle chance di successo al sapiente uso dei social network.

Bloomberg, ad esempio, ha rivelato di aver fatto un accordo con centinaia di mini-influencer, gente che è seguita da migliaia di persone. L’accordo è: ogni influencer riceve 150 dollari per ogni post che pubblica favorevole a Bloomberg. Post che elogiano la sua storia di successo.
In questo modo gli elettori non li percepiranno come spot pubblicitari.
Sempre Bloomberg sta diffondendo migliaia di meme autoironici, che gli utenti scambiano per autentici. In realtà sono costruiti (e pagati) dalla campagna di Bloomberg.
Facebook, che possiede anche Instagram e WhatsApp, ha deciso che questi meme politici sono esenti dalle regole sulle inserzioni politiche.

Oggi siamo nell’era del micro-targeting. Non tutti gli utenti vedono gli stessi contenuti, la precisione di Facebook permette di mostrare propaganda politica contro gli immigrati a chi è più sensibile al tema immigrazione o sull’aborto a chi vota in base alle questioni dei diritti civili.
Nel 2016 la campagna di Trump ha immesso su Facebook 6 milioni di annunci politici diversi, contro i 66.000 di Hillary Clinton che puntava ancora sui media tradizionali, in particolare la televisione.
L’effetto è stato che gli elettori Democratici diventavano meno inclini a votare per Hillary e quelli Repubblicani più trumpiani.

Nel 2016 Trump ha capito il potenziale del microtargeting.
Bloomberg ha fatto un passo avanti e punta su influencer e
meme.

Ma la competizione è truccata: soltanto Facebook sa quali di queste tattiche funzionano e quali no, basta un piccolo cambio delle regole della piattaforma per favorire un candidato o danneggiarne un altro.
Vietare il microtargeting, fare il controllo preventivo dei contenuti, impaginare diversamente le inserzioni politiche o bloccarle del tutto, o più semplicemente cambiare l’algoritmo di diffusione dei post.
E sì, perché ciascuno degli utenti di un social network vede solo i post che il social network, o meglio il suo algoritmo, decide che si possano vedere. Un post può essere visto dal 30% degli utenti, un altro dal 20, un altro ancora dal 10. È il social network in questione che decide il successo o meno di una campagna pubblicitaria o della diffusione di una notizia.

Alla fine l’unico voto che conta è quello di Marck Zuckerberg, fondatore e padrone di Facebook.
E a Zuckerberg, come a tutti gli industriali della storia, interessa una sola cosa: avere un presidente degli Stati Uniti che non intacchi il suo potere.

Ma le cose sono più complicate di così. Perché Zuckerberg o uno degli altri geniali fondatori di social network non sono esattamente proprietari di loro stessi.
Per creare le loro società hanno dovuto trovare finanziamenti. E i finanziatori non gli hanno dato il loro denaro per scopi filantropici.

Mark Zuckerberg detiene il 28,2% di Facebook. Poi ci sono una serie di altri genialoidi impiegati e fondatori del social network.
Ma i veri azionisti, quelli senza i quali Facebook non sarebbe mai nato, quelli che sono i veri beneficiari e, probabilmente, ne stabiliscono le politiche nel consiglio di amministrazione sono le società Accel Partners, Greylock Partners e Meritech Capital Partners. Poi c’è un tipo. Si chiama Peter Thiel.
Ebbene Accel, Greylock e Meritech sono tutte state fondate da In-Q-Tel, che ne detiene anche il 100% della proprietà.
La In-Q-Tel è una società fondata dalla Cia e di proprietà della Cia.
E ancora.
Accel è legata al Pentagono attraverso il suo amministratore delegato James Breyer.
L’amministratore delegato di Greylock (Howard Cox) è nel consiglio d’amministrazione In-Q-Tel.
Peter Thiel è nel consiglio d’amministrazione di In-Q-Tel.

Ma non è finita qui.
Una quota azionaria non indifferente appartiene a una certa Digital Sky Technologies, o Dst.
Dst è una società russa. Il suo principale finanziatore è un certo Alisher Usmanov, tra i 100 uomini più ricchi del mondo, amico di Abramovich, il proprietario del Chelsea.
Usmanov possiede il conglomerato dell’acciaio Metalloinvest, è presidente di una società della galassia Gazprom (il colosso dell’energia russo) ed è, manco a dirlo, proprietario anch’esso di una squadra di calcio: l’Arsenal.
Il secondo più grande investitore di Dst è un altro russo, Alexander Tamas, che non solo è azionista di Goldman Sachs (a sua volta tra gli azionisti di Facebook), ma ne gestisce anche il software aziendale.
Poi, c’è l’amministratore delegato di Dst: Yuri Milner.
Milner è un investitore russo della Silicon Valley. Tra le sue imprese c’è la partnership in un’azienda immobiliare, la Cadre, fondata dal genero e consulente senior di Donald Trump, Jared Kushner.
Avete capito bene, il genero di Trump.
Milner è azionista di Facebook e Twitter con i soldi del Cremlino.
Gli investimenti sono arrivati dalla VTB Bank, controllata dallo Stato russo e da un braccio finanziario della compagnia petrolifera Gazprom, secondo quanto affermato dallo stesso Milner.
Poi c’è Twitter.
Anche Twitter è stato fondato da In-Q-Tel.
Twitter è sostanzialmente in mano alla Triade della finanza: Vanguard, State Street e BlackRock.
Oltre che a Milner e alla sua Dst. E quindi ai russi.
Ricapitolando. Facebook e Twitter sono stati entrambi fondati dalla Cia, che ne continua a detenere il controllo, spalleggiata dal Pentagono. In più nel consiglio di amministrazione siedono uomini dell’alta finanza di Wall Street e altri vicino al Cremlino.
Fermo restando che i consigli di amministrazione sono spesso teatro di guerre senza quartiere.
In questo caso per stabilire quali dei tanti candidati democratici e, successivamente, quale tra Trump e il candidato democratico prescelto avranno maggiore visibilità sui social media, avranno accesso a un maggior numero di elettori, avranno più chance di vittoria.
Secondo voi da chi verrà fatta la scelta su chi dovrà diventare l’uomo più potente del mondo? Dal popolo statunitense, oppure…


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