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Cina, troppo smog scatena conflitti sociali

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Giu 23, 2015

L’inquinamento è arrivato a livelli di guardia. Se la Cina fallisce esploderanno presto nuove tensioni sociali

di Massimo Lauria

 

In Cina tira una brutta aria. È proprio il caso di dirlo, vista la difficile situazione ambientale del Paese. L’inquinamento atmosferico è arrivato a livelli di guardia, tanto da mettere in allarme il ministero per la Protezione ambientale. I funzionari di governo e gli scienziati temono lo scatenarsi di gravi conflitti sociali nei prossimi anni se la politica perderà la guerra allo smog. I cinesi sono stanchi di dover indossare per le strade una mascherina di protezione. Mentre il governo sembra impreparato ad affrontare la situazione, immaginando un cambio di rotta tanto repentino quanto efficace.

Trent’anni di crescita industriale hanno portato un benessere relativamente diffuso in tutto il Paese. Ma insieme ai soldi è arrivata anche l’aria tossica, che ora rischia di far saltare gli equilibri tra gli strati sociali della popolazione. È finito il tempo in cui la povertà fungeva da leva sociale per incrementare la produzione industriale. Ora che le cose vanno meglio per una larga fetta di popolazione e le persone sono più consapevoli dei rischi che corrono, i cittadini chiedono più rispetto per l’ambiente, per la propria salute e per l’economia legata ad una certa produzione agricola, messa in pericolo dal cambiamento climatico.

«C’è un enorme divario tra la velocità con cui l’ambiente va migliorando e la velocità con la quale i cittadini chiedono che venga migliorato», riporta l’agenzia di stampa Reuters citando un funzionario del ministero per la Protezione ambientale cinese. Pechino minaccia di chiudere migliaia di imprese se non verranno rispettati i più severi standard di emissione e consumo energetico. La Cina pare voglia vincere la sfida del cambiamento climatico, tagliando l’uso del carbone e le emissioni di CO2. Sforzi si infrangono però sulla crescente domanda interna di beni.

I cinesi stanno sviluppando una grande industria energetica incentrata sulle fonti rinnovabili. Ma lo sviluppo della tecnologia pulita non riesce ancora a stare al passo con i tradizionali combustibili fossili. Petrolio, carbone e gas restano le fonti energetiche privilegiate. Lo dimostra l’accordo con la Russia per una mega fornitura di gas nei prossimi anni. Segno che la Cina non vuole cedere terreno sullo scacchiere internazionale.

Stando ai dati ufficiali lo scorso anno solo 8 città su 74 monitorate hanno raggiunto gli obiettivi nazionali di qualità dell’aria. E le previsioni per il futuro sono ancora meno rassicuranti: fino al 2013, dicono gli esperti governativi, non si prevedono grandi miglioramenti. Stime allarmanti se riferite agli impegni presi dalla comunità internazionale in preparazione del vertice mondiale Onu sul cambiamento climatico di Parigi 2015, il Cop21. In quella sede i governi del pianeta dovranno concordare una drastica politica di riduzione delle emissioni inquinanti. Pena il rischio di estendere a tutto il mondo le tensioni sociali attese in Cina.

di Massimo Lauria


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