Internet è per buona parte gratuita. Non si paga per navigare su Google. Non si paga per guardare i filmati su YouTube. Non si paga per chattare su WhatsApp. Non si paga per esternare su Twitter. Non si paga per pubblicare la propria vita e impicciarsi di quella degli altri su Facebook. Non si paga per mostrarsi al mondo su Instagram. Non si paga per fare karaoke, balletti e scene divertenti su Tik Tok. Una sorta di bengodi, insomma.
Ma voi vi siete mai chiesti quanto costa gestire Facebook o Google o YouTube?
Vi siete mai chiesti come mai una piattaforma costosissima da mandare avanti, senza nessuna forma di pubblicità e del tutto gratuita possa essere stata acquistata da Facebook per diciassette miliardi di euro?
Tre sono le cose, ho Mark Zuckerberg è matto, o ha perso una scommessa, oppure… Oppure WhatsApp è una vera e propria gallina dalle uova d’oro.
WhatsApp porta in dote una ricchezza incomparabile, una ricchezza mai messa prima d’ora sul mercato: i pensieri delle persone, i dialoghi intimi, le futili conversazioni tra amici, le frustrazioni quotidiane di miliardi di persone.
Una merce del genere non ha prezzo.
Ecco perché internet è per buona parte gratuita. Lo è solo in apparenza.
Navigando su internet, facendo presenza sui social network, chattando con i nostri amici e i nostri parenti tutti noi quotidianamente paghiamo tutto questo con la nostra anima, svendiamo noi stessi.
Svendiamo è la parola corretta. Perché quando si vende qualcosa senza farsi pagare quella cosa la si sta svendendo.
In realtà, coloro che utilizzano internet gratuitamente non siamo noi, sono i proprietari di internet, sono i possessori delle nostre anime e dei nostri segreti.
Noi siamo la merce e siamo alla loro mercé.
E così, grazie all’analisi dei big data, grazie ad algoritmi sofisticatissimi, grazie a computer di potenza eccezionale, c’è qualcuno da qualche parte che ci conosce meglio di noi stessi.
Di più. C’è qualcuno in grado di influenzare, indirizzare, anzi, modificare a suo piacimento i nostri gusti, le nostre idee politiche, i nostri sogni, i nostri comportamenti, la nostra quotidianità, il nostro futuro.
Questo non è il mondo per il quale i nostri nonni e i nostri padri si sono battuti. Abbiamo sconfitto il fascismo e il nazismo per ritrovarci sotto un altro tipo di dittatura, più sottile, più pericolosa, molto più invasiva.
Siamo entrati tutti nel Grande Fratello. Siamo entrati tutti in Matrix.
Un modo per uscirne forse ci sarebbe. Peraltro, rispettando le leggi costitutive del nostro sistema capitalistico.
Fermo restando che è praticamente impossibile al giorno d’oggi imbrigliare legalmente una multinazionale, come è impossibile espropriarla o chiuderla. È anche impossibile tornare indietro. Oramai viviamo in questo genere di società. Internet e il suo mondo fatto di esibizionismi e voyerismo è qualcosa da cui non sarà possibile tornare indietro.
Però, una cosa si può fare.
Non modificare internet, ma creare un suo alter ego. Un alter ego buono. Un alter ego regolato da leggi rispettose della privacy. Un alter ego non utilizzabile come una clava per costringerci a fare cose che altrimenti non faremmo. Un alter ego realmente gratuito e fruibile da tutti. In qualche modo sostenibile.
Perché l’Europa non crea una società pubblica che metta su una piattaforma social Facebook, un proprio Twitter, un proprio Instagram, un proprio YouTube, un proprio motore di ricerca.
Delle piattaforme che possano assicurare una vera libertà e democraticità di chi naviga, che possano assicurare sul serio la privacy e la non divulgazione dei dati, che non sfruttino commercialmente le nostre anime, che non favoriscano nessuno e che non ci spiino.
L’Europa ha la forza economica per poterlo fare. Ha la forza politica per poterlo fare. Ha la forza industriale per poterlo fare. Ha le competenze tecniche e scientifiche per poterlo fare.
Uno sforzo comune, pubblico, per togliere potere ai colossi del web e per restituire la libertà perduta a tutti noi e alle generazioni che verranno.