Thich Nhat Hanh ha affermato: “Nel protestare contro una guerra, possiamo credere di essere una persona pacifica, un vero rappresentante della pace, ma questa nostra presunzione non sempre corrisponde alla realtà. Osservando in profondità ci accorgiamo che le radici della guerra sono presenti nel nostro stile di vita privo di consapevolezza. Se noi non siamo in pace, non possiamo fare niente per la pace”.
Scaraventati in una realtà convulsa e agitata, turbata da continui conflitti, si levano da più parti voci, strazianti appelli invocanti la pace. Mai come in quest’epoca tali voci e tali appelli dovrebbero restare inascoltati perché, oggi, è in gioco la sorte dell’umanità intera. Nei secoli scorsi le guerre rimanevano circoscritte fra gli Stati che le facevano scoppiare, a partire dai primi conflitti mondiali abbiamo fatto esperienza di come, ormai, nessun Paese può rimanere estraneo a lungo alle lotte.
La guerra è uno sporco gioco di controllo e di potere
Erasmo da Rotterdam era solito riflettere con non poca meraviglia su “…cosa mai spinga, non dico i cristiani, ma gli uomini tutti, a tale punto di follia da adoperarsi, con tanto zelo, con tante spese, con tanti sforzi, alla reciproca rovina generale della guerra. Che altro infatti facciamo nella vita se non la guerra o prepararci alla guerra?” .
Ė presto detto illustre teologo, la guerra è uno sporco gioco di controllo e di potere. Il destino dell’intero mondo è legato alla volontà di pace o di guerra delle nazioni più potenti. Qualcuno obietterà che gli sforzi politici e diplomatici in atto sono notevoli, e la scrivente non lo mette in dubbio, ma la pace non può essere raggiunta solo dalla politica e dalla diplomazia, occorre che ogni singolo individuo spenga nella propria anima le fiammelle di odio, vendetta e rivincita.
La pace è prima di ogni altra cosa una conquista spirituale
La pace è innanzitutto una conquista dell’anima e per ottenerla è necessario reprimere gli istinti di sopraffazione. Come si può pensare di garantire la pace tra i popoli se poi si è incessantemente desiderosi di nuove e smisurate ricchezze, oltre che di potere? Se non troviamo una visione più elevata della vita, mettendo da parte quella sete di controllo e voglia di dominio in casa altrui, sarà difficile raggiungere una tregua. Che utilità hanno meeting e trattati tra gli esponenti politici se poi si continuano ad armare le milizie? Ė vero, ogni popolo ha diritto alla difesa, però, la produzione e vendita di armamenti si rivela più proficua rispetto agli accordi che possono essere presi intorno a un tavolo comune usando le parole, e non le armi. E, già, perché come ha scritto Douglas Macarthur: “Il soldato prega più di tutti gli altri per la pace, perché è lui che deve patire e portare le ferite e le cicatrici più profonde della guerra”. A buon intenditore…poche parole.
Per approfondimenti:
Erasmo da Rotterdam, Adagia, edizioni Feltrinelli