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La mafia è una storia semplice: la mistery novel di Sciascia

Francesca Moretti

DiFrancesca Moretti

Nov 18, 2023

Sciascia e l’innominata mafia. Il 20 novembre ricorre l’anniversario della morte di Leonardo Sciascia. A distanza di 34 anni dalla sua scomparsa, viene ricordato come il deputato che ha preso parte alla commissione parlamentare d’inchiesta per il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, oltre che per il libro scritto sulla storia dello stesso Presidente della Democrazia Cristiana, dal titolo “L’affaire Moro”.

Personalità poliedrica, Sciascia, durante la sua vita, ha coltivato diversi interessi: è stato scrittore, poeta, giornalista, docente. Si è contraddistinto come arguto giallista, ha colto le piaghe che flagellavano la sua terra e le ha traslate in storie al di là del tempo. Nel suo racconto “Storia semplice”, ma leggendo si scopre che di semplice ha ben poco, l’autore racchiude una società corrotta, deviata da poteri superiori.

La storia “semplice”

Il questore rivolto al procuratore e al colonnello: «Questo è un caso semplice, bisogna non farlo montare e sbrigarcene al più presto… Vai a scrivere il rapporto, subito». Automaticamente, il colonnello vide, invece, il caso molto complicato, e comunque da non sbrigarsene al più presto.

All’ufficio di polizia, il 18 marzo, alle 21.37 giunge una telefonata da parte del signor Giorgio Roccella, il quale chiede di poter parlare con il questore. Il telefonista pensa si tratti di un “folle”, come può pensare di trovare il questore a quell’ora della sera e in quel particolare giorno, vigilia della festa di San Giuseppe falegname? Giorgio Roccella è un diplomatico in pensione, vive in un villino in contrada Cotugno, l’uomo, ritornato dopo un po’ di tempo nella sua casa, trova delle “cose” che dimostrano che in sua assenza il villino è stato occupato da altri. Roccella, infatti, chiama il commissariato di polizia proprio perché vuole far vedere urgentemente al commissario una cosa che ha trovato in casa. Il brigadiere, uomo onesto e ligio al proprio lavoro, si presta ad andare immediatamente a controllare ma il commissario non sembra dare molta importanza alla segnalazione e comanda al brigadiere di fare un salto il giorno dopo. Perché il commissario comanda al suo subalterno di recarsi sul posto il giorno successivo e non subito? Il giorno dopo sarà troppo tardi per Giorgio Roccella, il brigadiere lo troverà morto. Qualcuno dai piani alti ha fretta di chiudere il caso, e lo classifica come suicidio. Perché tanta fretta di insabbiare tutto? Il brigadiere, da bravo segugio, inizia delle indagini minuziose, osserva attentamente la scena del crimine e la vittima, e nota nella testa, che poggia sulla scrivania, tra la mandibola e la tempia, un grumo nerastro; una vecchia pistola del ’15-’18 tedesca a terra a destra della poltrona; la mano destra del cadavere, che avrebbe dovuto penzolare a filo della pistola caduta, è invece sul piano della scrivania, a fermare un foglio su cui si legge: “Ho trovato.”. Il brigadiere inizia a porsi una serie di domande: “La vittima ha trovato qualcosa che non ha fatto in tempo a scrivere? Perché quel punto dopo la parola trovato.?” Il sottoufficiale, che avrebbe tanto voluto studiare, osserva che la scena criminis è stata costruita, e anche in modo piuttosto sbrigativo, per dare l’impressione che si tratti di un suicidio, e da abile poliziotto fa notare ai superiori tutto quello che non quadra. Riuscirà a dipanare la matassa di questo caso che di semplice in realtà non ha nulla?

Una storia semplice

Sciascia, uomo e scrittore arguto

La maestria di Leonardo Sciascia nello scrivere una storia semplice, verosimilmente, si può individuare nella complessità della trama. Per paradosso, nulla è in realtà semplice, la verità stessa è una meta complicata da raggiungere perché occultata da interessi superiori gestiti da personaggi al di sopra di ogni sospetto che, di certo, non ti aspetti di trovare invischiati nella rete mafiosa. Una storia intricata e intrigante costruita su più livelli. Benché lo scrittore non menzioni mai le parole droga e mafia, il lettore attento ne percepisce l’odore insieme al brigadiere, in quei magazzini prospicenti il villino della vittima, un profumo di foglie di eucalipto macerate, zucchero bruciato e alcool. Qualcosa di indefinibile eppure tanto lampante, come certo è lo sconforto disilluso di Sciascia nel constatare un paese controllato da incomprensibili connivenze e da ingiusti poteri trasversali. Lo scrittore mette in evidenza il prevalere del menefreghismo, e della sciatteria di alcuni, che tra l’altro ricoprono incarichi di comando, sulla diligenza e il sentire di essere servitore della patria di altri. In questa storia dalla matassa ingarbugliata, ambientata in Sicilia, Sciascia ha saputo, con il suo acume, creare un mistery novel con dinamiche ad alta tensione narrativa, con un stile asciutto e imparziale, a ben sottolineare la tristezza della vicenda.

Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989)

Tanti i temi trattati dallo scrittore di Racalmuto in questo romanzo di solo 66 pagine, temi di grande attualità che proprio per questo testimoniano che, a distanza di anni, poco o nulla è cambiato. Consiglio la lettura di questo giallo poliziesco dal finale sconvolgente e del tutto inaspettato.

 

Per approfondimenti:

https://www.treccani.it/enciclopedia/leonardo-sciascia/


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