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Il problema sociale dell’abuso sui minori, conoscere per denunciare

Francesca Moretti

DiFrancesca Moretti

Lug 13, 2023

Oggi, in questo articolo che, anticipo, non vuole avere alcuna pretesa di carattere esaustivo sull’argomento oggetto di trattazione, è mia intenzione affrontare una tematica delicata e articolata, ossia, le differenti forme di abuso su minore. Ė notorio che non è possibile racchiudere un fenomeno così complesso e connesso a molteplici fattori né in poche righe né tantomeno in una mera classificazione. Lo scopo è quello di dare voce a chi voce non ha, e a far conoscere le diverse forme di violenza e maltrattamento in modo tale che la conoscenza possa portare a denunciare avvenimenti nefasti per la salute fisica e psichica del soggetto abusato.

Dunque, parto con un po’ di definizioni per meglio comprendere quello che si è fatto nel corso della storia, per poi approfondire nei prossimi articoli tutto quello che ruota intorno al tema abuso e maltrattamento minorile.

Dr. C. Henry Kempe founder of the Kempe Center for the Prevention and Treatment of Child Abuse and Neglect – Ph source kempe.org

Negli anni ’60 il pediatra Henry Kempe in un saggio introdusse il concetto di sindrome del bambino maltrattato, “Battered Child Syndrome”, affermando così l’esistenza dell’abuso come problema sociale, anche se il limite della definizione del fenomeno era ancora legata alle sole forme fisiche, altre manifestazioni di violenza, come quelle psicologiche non erano ancora oggetto di studio, e notevoli remore vi erano nel trattare l’abuso sessuale sul minore.

Kempe però ha aperto nuovi scenari nel campo degli studi su questa piaga sociale, tanto che Fontana, qualche anno dopo, sul N.Y. St. Medical Journal scrisse del maltrattamento sull’infanzia come “la piccola parte affiorante di un iceberg, la cui ampia base rimaneva però pericolosamente nascosta”. Successivamente altri studiosi del fenomeno della violenza su minore ripresero questa immagine di Fontana per affermare che il bambino abusato non necessariamente presenta segni di violenza fisica, ma un occhio attento può notare altre forme di abuso: trascuratezza, denutrizione, privazione affettiva da parte delle figure di riferimento. L’affermazione di Fontana, a mio avviso, è di notevole interesse proprio perché pone l’attenzione su altre manifestazioni di maltrattamento violento nei confronti dell’infanzia.

Alla fine degli anni ’80 Kempe e Kempe sostennero che l’abuso su minore è relativo a “ogni situazione in cui il bambino è oggetto di violenza, ma dove il rapporto di causa ed effetto non risulta chiaro”. Gli esperti con tale affermazione suggeriscono di analizzare attentamente i sintomi presentati dal bambino proponendo a riguardo una specifica classificazione e descrizione delle diverse forme di abuso: trascuratezza, maltrattamento fisico, sfruttamento sessuale di minori, maltrattamento emotivo.

Il Consiglio d’Europa (Strasburgo, 1981) definisce così il fenomeno dell’abuso:gli atti e le carenze che turbano gravemente il bambino, attentando alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o sessuale, da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino”.

Secondo la definizione dell’OMS, la condizione di abuso e di maltrattamento si verifica nel momento in cui i genitori, i tutori o individui addetti alla custodia e vigilanza di un soggetto minore approfittano della loro condizione di privilegio e pongono in essere una serie di comportamenti in contrasto con quanto stabilito dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989.

Nel IV seminario Criminologico del Consiglio d’Europa, tenutosi a Strasburgo nel 1978, si è data un’ulteriore definizione di maltrattamento, “gli atti e le carenze che turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di terzi”.


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