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Performing Media, l’arte che inventa la partecipazione

Non tutti sanno che all’università di Roma c’è un corso su Performing Media. L’Italia è considerata la più grande fucina d’arte del pianeta e non si è fermata neppure con l’avvento della globalizzazione digitale.
All’interno del Dipartimento “PIANIFICAZIONE, DESIGN, TECNOLOGIA DELL’ARCHITETTURA” all’Università la Sapienza di Roma, presso la facoltà di architettura, c’è un corso di “Performing media“, un ambito che riguarda la progettazione di eventi e piattaforme per l’interazione tra le reti e il territorio attraverso l’utilizzo di tutti i media a disposizione (c.d. Cross-Media).

Con l’arte digitale gli italiani non hanno quasi mai trovato un forte denominatore con la ricchezza che offre il proprio territorio. Un popolo talmente colmo di opere artistiche che non si stupisce del fatto che per trovare una porta adatta alla partitèlla pomeridiana di pallone i ragazzini romani hanno spesso utilizzato statue d’epoca romana, capitelli, orci  o antichi travertini.

Quando poi pensiamo all’evoluzione dei media interattivi via via sempre più evoluti e performanti si pone la questione dell’uso ludico ma anche creativo di questi dispositivi che di fatto fanno parte di un sistema, che possiamo anche chiamare “la Rete” e che alcuni definiscono ecosistema anche se con l’ecologia hanno poco a che vedere.
In questi anni si stanno quindi delineando dei nuovi spazi di azione che unitamente a nuovi termini lessicali e modali innescano delle azioni che dallo spazio virtuale si riflettono nello spazio pubblico. La res pubblica si arricchisce di nuove espressioni come, ad esempio, quella dell’urbanismo tattico e dei walkabout raccontati e vissuti da Carlo Infante , il docente di performing media attraverso l’esperienza online di Urban Experience.

L’arte è, in questo senso, decisiva per poter progettare nuove azioni che si mescolino con le reti civili e sociali, reali o digitali, che abbiano come scopo quello di sollecitare la condivisione tra le persone attraverso le cosiddette “dinamiche partecipative“.  Assistiamo ad una co-progettazione nell’ambito della resilienza urbana e ciò che viene spontaneamente definito New Bauhaus.

L’attività di progettazione e la ricerca dei contenuti è quindi rivolta proprio alle peculiarità dei territori. Il “local” diventa il tassello del più ampio concetto di arte partecipativa che si esprime in maniera perfetta attraverso format quali le esplorazioni radionomadi, i walkabout, le mappe interattive e il geo-podcasting.

Carlo Infante ha ben capito come progettare un uso sociale e creativo dello spazio digitale e dell’internet e lo fa concretamente e generosamente attraverso un particolare approccio diretto sul territorio.  Il prof. Infante diventa così il padre dell’innovazione territoriale partecipata mescolando abilmente le tradizionali forme di comunicazione con le soluzioni più evolute e sempre all’avanguardia.

La questione che colpisce maggiormente è che questo approccio sia accessibile a tutti, ogni età ed estrazione, senza barriere dovute alla difficoltà di comprendere nuovi termini o utilizzare nuovi dispositivi o apparecchi tecnologici.  Carlo Infante riesce a coinvolgere il pubblico e i partecipanti con l’entusiasmo e la semplicità. Tutti gli astanti si troveranno immersi, quasi senza accorgersene, nel mondo dell’Interaction Design, del web 4.0, dell’Intelligenza Artificiale e della blockchain come ad esempio gli NFT (Non-Fungible Token).  Ci sorprende sempre con nuove esperienze immerse profondamente nei territori e nelle opere che ospitano. Per questo motivo anche il Wrep è stato coinvolto nell’immaginare future interazioni tra la vita quotidiana e le nuove opportunità che offrono le tecnologie ad uso civile ragionando su come coinvolgere il pubblico attraverso un nuovo concetto “prosumer”  che può offrire il Social Blockchain Business Network  Wrep.

Il Prosumer urban experience: il cittadino  da fruitore diventa anche fornitore di servizi e cultura potendo potenzialmente ottenere anche un guadagno

Va chiarito che ogni esperienza vissuta e narrata nelle esplorazioni urbane parte dalle premesse, ovvero dalla natura del territorio delle culture e le etnie che lo abitano. La storia che si narra è quindi in continua evoluzione e differente a seconda del punto di vista da cui la si osserva.

Di tutto questo ce ne parlano, in un libro, Gaia Riposati e Massimo Di Leo che negli ultimi anni hanno avuto modo di affiancare Carlo Infante. Gaia Riposati collabora nell’aggiungere uno sguardo puramente artistico mentre Massimo di Leo lo affianca nel digitale riuscendo a organizzare assieme  progetti destinati a chi voglia percorrere e tracciare nuove vie di comunicazione.

IL LIBRO. Performing Media è un concetto evolutivo, comporta una nuova sensibilità che permette d’interpretare l’innovazione digitale come un’espansione delle possibilità di comunicazione, per agirle e non subirle. Si tratta di tutto un mondo di pratiche creative che trova origine nell’ambito delle culture digitali e ancora prima del teatro di ricerca affinato ai media, sia radiofonici sia video, in particolare con il videoteatro. Un fenomeno che si è poi esteso alle più diverse articolazioni, tra performance e multimedialità. Oggi il Performing Media riguarda sempre più lo sviluppo delle tecnologie dei nuovi media interattivi, mobili e geolocalizzati. Il libro parla di esperienze, guarda il passato ma riguarda il futuro. Nel Performing Media ogni elemento è chiamato a performare, è in qualche modo il medium stesso ma anche e soprattutto la relazione fra l’elemento e chi lo fruisce che innesca la performance. IN VENDITA QUI: https://amzn.to/3dKhjVR

Presentazione del libro Performing Media al teatro Argentina di Roma. 26 settembre 2022

Gaia Riposati è attrice, performer, regista, autrice, artista.
Lavora in cinema, video e televisione, ma soprattutto in teatro. Porta i suoi spettacoli su palcoscenici italiani e internazionali e in spazi non convenzionali come i Mercati Traianei, Villa Pamphili, la Villa di Mecenate a Licenza o grandi Musei, il Louvre, Palazzo delle Esposizioni di Roma e la Biennale di Venezia.
Da sempre affianca alle interpretazioni più tradizionalmente teatrali, la collaborazione con grandi artisti visivi per la realizzazione di opere artistico/teatrali a livello internazionale .

Massimo di Leo è un imprenditore dell’innovazione digitale.  Appassionando ai temi dell’ AI, in particolare NLP (Natural Language Processing) e ML (Machine Learning). Collabora dal 2018 con Gaia Riposati e Carlo Infante in progetti tecnologico-artistici.


Igor Wolfango Schiaroli

Igor Wolfango Schiaroli

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